Alcuni studi recenti accreditano la presenza sul Montalbano di circa 800 km di muri a secco e più di 1.000 ettari terrazzati, oggigiorno quasi tutti utilizzati da olivicoltura. I documenti archivistici delle singole fattorie storicamente presenti sulle colline del Montalbano, come anche le mappe storiche ed i cabrèi, ci testimoniano come questo territorio sia stato da secoli organizzato in maniera puntigliosa e diffusa per la gestione delle acque superficiali. In questo modo si cercava di porre in atto rimedi contro l’erosione e a vantaggio della fertilità. Al contempo, con la costruzione di muretti a secco, terrazzi e un sistema gerarchico di acquidocci, cavedagne e fossette, stabilizzare un territorio che, per la sua natura intrinseca, era (ed è ancora oggi) soggetto all’instabilità e allo scivolamento verso il basso.
Le indagini condotte sulla fattorie storiche delle Ginestre (presso Verghereto) e Santa Cristina a Mezzana fanno emergere inoltre come, ad integrare le strategie sopra enunciate, fossero presenti un numero impressionante di alberi da frutto disseminati nella campagna e un vero e proprio reticolo di viottole che “tramezzavano” i coltivi, in grado di sostenere le particelle agrarie con i loro muretti. Infine, ricavati sapientemente a monte dei coltivi, nelle parti più alte cioè, stavano i “boschi e le ragnaie”, a costituire un ulteriore freno al dilavamento delle acque.
Questo disegno complessivo messo in atto dagli uomini del passato unito alla presenza, ancora oggi rilevabile, di manufatti idraulici volti alla gestione idrogeologica e idrologica del territorio, suggerisce la considerazione che il presupposto alla stabilità di un territorio è stata quindi la capacità dell’uomo di realizzare opere che massimizzavano ed esaltavano le qualità geotecniche dei terreni e delle rocce. Che poi è come dire una grande capacità empirica praticata da persone che pur essendo all’oscuro delle leggi che regolavano (e regolano) la fisica, l’idraulica e l’idrologia, l’esperienza da loro accumulata era così vasta da poter guidare sapientemente le loro mani ed il loro occhio verso risultati ottimali.
Di tutto questo enorme patrimonio immateriale oggi restano sul territorio solamente scarne presenze di quei manufatti così ottimamente costruiti dalle mani di quei ‘pratici’ come il meraviglioso acquidoccio in pietra qui visibile, destinato a raccogliere, con il suo gemello poco distante, le acque di dilavamento del fianco di questa collina, precedentemente incanalate e guidate dalle più piccole fossette oggi scomparse.